Teresa e Ruggero Badano raccontano la figlia beata
«Era coraggiosa e matura, non pensava mai a se stessa»
DA MILANO FRANCESCA LOZITO
I l sorriso di Chiara non si può dimenticare. Lo ripete, commosso, Michele, amico di infanzia della beata che con la sua forza nell'affrontare la malattia ha commosso tutti. Stiamo parlando di Chiara Luce Badano, che giovedì sera è stata ricordata nella Basilica di Sant'Ambrogio a Milano con una serata in cui hanno fatto una testimonianza i genitori Ruggero e Teresa. Michele è un parrocchiano di Sant'Ambrogio, che conobbe Chiara da bambino, perché passava le estati nel paese natale della giovane, Sassello. Assieme a lui hanno ascoltato la testimonianza dei due genitori circa 2000 persone. «Questo è un posto di santi – ha detto monsignor Erminio De Scalzi, vicario episcopale della città di Milano e abate di Sant'Ambrogio – e qui questa sera apriamo le porte a una santa giovane, nello spirito con cui il cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi ci ha invitato in questo anno pastorale a riflettere sulla santità». De Scalzi, che è stato delegato dall'arcivescovo di Milano per l'incontro mondiale delle famiglie che si terrà proprio in questa città nel 2012 alla presenza del Papa, ha ufficialmente invitato Ambrogio e Teresa a prendervi parte nel momento previsto per le testimonianze. Due persone semplici i genitori della beata che seduti in mezzo alla Basilica sembrano così piccoli. Eppure appena cominciano a parlare riescono a lasciare senza fiato tutte le persone che sono accorse qui ad ascoltarli. Parlano di questa figlia aspettata per undici anni, di come sia stata un vero e proprio dono: «Abbiamo capito molto presto – dice Teresa – che Chiara non era solo figlia nostra, ma anche di Dio e che bisognava crescerla nella libertà dei figli di Dio».
L'infanzia, le prime manifestazioni di una sconvolgente maturità, la bontà della piccola bimba, ma anche i suoi tormenti, le prime preghiere recitate assieme alla mamma. Tutto, nel racconto di Teresa ha un sottofondo di grande serenità nel ricordare questa vita che presto, troppo presto dovrà affrontare una prova grande. E proprio nella malattia «non riuscivo a capire quel suo sì a Gesù» – confessa candido Ruggero – . Pensava che Chiara sorridesse solo quando c'erano loro, per non abbatterli di fronte a quell'osteosarcoma che nella fase finale non le permetterà più di camminare e le darà dei dolori che la mamma e il papà cercheranno di placare anche con dei gesti semplici, come tenerle ferme le gambe con le mani. «Così – riprende Ruggero – un giorno ho guardato cosa faceva nella sua camera osservandola dal buco della serratura e l'ho fatto per alcuni giorni, solo così ho cominciato a capire quel suo colloquio con Dio, che era qualcosa di importante». Chiara diceva che ai suoi amici non doveva parlare di Gesù, doveva dare Gesù, nell'atteggiamento, nell'ascolto, nel modo di vestire e di amare: «E lei era sempre per gli altri, non pensava mai a se stessa» riprende la mamma. E ricorda, commossa, quando la sera di San Valentino li mandò a cena assieme i due genitori: «dovete cominciare ad imparare a stare da soli». Anche in questo Chiara, era straordinariamente coraggiosa e matura.
A Milano nella basilica di Sant'Ambrogio la commovente testimonianza dei due genitori: abbiamo capito presto che era di Dio, non solo nostra